Un caloroso e cordiale benvenuto a tutti coloro che, navigando sulla rete, fossero approdati, consapevolmente o per mera casualità, in condizioni di lucidità mentale o sotto l’effetto di sostanze alteranti, in maniera libera o sotto costrizione, sulle sponde del mio blog!
Vi confesso che ho riflettuto a lungo sul tema da assegnare a questo post inaugurale, giungendo persino a sbirciare, di tanto in tanto, i pregevoli suggerimenti di impostazione manualistica forniti da qualche guru della blogosfera. Beh, avrei potuto puntare dritto al cuore del blog parlandovi (e, soprattutto, illustrandovi) di arredamento e home decor oppure invitarvi ad uno stuzzicante appuntamento gastronomico dal sapore siculo, o magari avrei potuto condurvi nel laboratorio creativo dell’handmade intrattenendovi con un frizzante tutorial. Ma ciascuno di questi incipit mi appariva, per così dire, prematuro e decontestualizzato e, considerato che gli argomenti di questo blog ruoteranno attorno al concetto di casa, nella sua più ampia accezione, ho preferito, in via preliminare, raccontarvi della mia casa e di come, dopo un "travagliatissimo parto", sia venuta alla luce: ne è scaturito questo post dal tono tragicomico che vi consiglio vivamente di leggere invitandovi anche a lasciare i vostri graditi commenti.
Sul finire del mese di Luglio 2013, dopo essere scampati ad una lunga serie di calamità burocratiche e non, io e mio marito ricevemmo la grazia (se di grazia può parlarsi considerato l’importo mensile del mutuo!) di acquistare una grande casa nella periferia del centro cittadino (consentitemi la bizzarra localizzazione!). “E’ un immobile degli anni ottanta, ma è davvero ben tenuto. I serramenti e le porte, quantunque attempati, sono in buone condizioni. La pavimentazione, seppure esageratamente lucida, è cromaticamente uniforme in tutte le camere. La sistemazione del giardino può anche attendere sino alla prossima stagione primaverile. Su, dai, mica ci vorranno grandi opere di ristrutturazione!” : non facevamo che ripeterci, reciprocamente, io e mio marito nella fase immediatamente precedente la stipula dell’atto di compravendita...assolutamente ignari della tragedia che di lì a poco si sarebbe abbattuta su di noi! Volendo brevemente (ma non esaustivamente) descrivere gli interventi ristrutturativi eseguiti, risparmiandovi tediose elencazioni tecniche, può bastare dirvi quanto segue: dopo aver rimosso e posto al riparo serramenti e porte, è stato letteralmente raso al suolo tutto ciò che pre-esisteva ed è stato realizzato (ma non del tutto!) tutto ciò che non esisteva.
Fu così che, a distanza di soli dieci giorni dalla fatidica stipula, dopo aver sgomberato l’appartamento che conducevano in locazione, io, consorte e prole, con il nostro ingombrante fagotto di sogni e progetti sulle spalle, ci trasferimmo dai miei, che, al pari di noi, coltivavano l’imprudente illusione della "ristrutturazione-lampo". Distribuimmo, in maniera equa, tra genitori e suoceri i disagi connessi al nostro temporaneo status di senza tetto: e, così, se la cena ed il pernottamento avevano luogo presso la sfortunata dimora dei miei genitori, il pranzo veniva sistematicamente consumato a casa dei suoceri ed includeva, quale accessorio, un efficiente servizio baby-parking.
Trascorsero sette lunghi mesi, da Agosto 2013 a Marzo 2014; si susseguirono ben tre stagioni astronomiche o, forse, anche quattro, se considerate che varcammo la soglia della nostra nuova casa proprio all’indomani del primo giorno di primavera. Fu un periodo denso di eventi (prevalentemente dolorosi) e di emozioni (prevalentemente negative) il cui ricordo rimarrà indelebilmente impresso dentro di noi (ove il “noi” può indubbiamente ricomprendere genitori e suoceri!).
In molteplici occasioni, ho rischiato di seppellire muratore e manovali (rigorosamente vivi) sotto le macerie, ma il pensiero di lasciarli decomporre in casa mia mi disgustava! Tante volte ho progettato di affogare l’imbianchino in una piscina olimpionica colma di pittura murale super-lavabile, ma i costi di questa colossale operazione mi hanno costretta a desistere (beh, una latta da 13 litri di pittura murale super-lavabile, specie se colorata, costa un accidente, figuriamoci una piscina olimpionica!). E, poi, il mio matrimonio… quante volte l’ho sentito vacillare sotto le pesanti sollecitazioni (economiche e non) della ristrutturazione! Se io progettavo la finestra sopra il lavello in pieno stile americano, mio marito tentava (ma, ahimè, ci è anche riuscito!) di dissuadermi con le sue strambe teorie sugli spazi di ingombro; se io optavo per la pedata del gradino in pietra lavica, lui sperava (ma stavolta non ci è riuscito!) di rivestirla con le medesime piastrelle in gres impiegate per la pavimentazione; se io pretendevo che il pavimento venisse posato in diagonale, lui si accontentava della banale posa dritta; e se, prima, avevo un’idea, per così dire, circoscritta di un impianto elettrico, grazie a mio marito ho scoperto che un impianto elettrico può non avere limiti dimensionali, se solo si pretende di avere la rete internet, il televisore, l’antifurto ed ogni altra diavoleria elettrica in ogni angolo della casa. Ci siamo lasciati e riconciliati decine di volte, nell’intimità e, persino, al cospetto di muratori, idraulici, elettricisti ed imbianchini, mentre il mondo intero si ostinava (non senza procurarci l’ennesimo squarcio al cuore) a domandarci : “Ma quando andrete a viverci?”.
Ho invidiato fortemente chiunque godesse del privilegio di apparecchiare la propria tavola, di dormire dentro il proprio letto, di cantare sotto la propria doccia, e ho cambiato spasmodicamente canale ogni qualvolta mi ritrovavo, innanzi agli occhi, scene di vita domestica. Ho pianto sommessamente quando mi è stato comunicato che non avrei potuto festeggiare il Natale nella mia nuova casa, mentre, in garage, una pila di scatole impolverate con su scritto, a caratteri cubitali, “decorazioni natalizie”, sembrava sorridermi beffardamente.
Ma ho anche riso fragorosamente quando la mattina del 22 Marzo 2014, aprendo la porta di casa, ho realizzato di essermi finalmente liberata (non perché avessi compiuto una maxi strage, intendiamoci!) di tutti “gli operatori della ristrutturazione”, i quali avevano lasciato il campo a tonnellate di polvere e ad un’infinità di scatole di ogni peso e dimensione che sembravamo riprodursi (non so se con o senza accoppiamento!) generando nuove scatole… e ancora scatole! L’incubo della ristrutturazione era finito!
Concludendo, a tutti coloro che hanno vissuto o stessero ancora vivendo vicende analoghe a quelle narrate in questo post mi sento di dire: “Non disperate! Alla ristrutturazione edilizia si può sopravvivere… basta evitarla!”.
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